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Ciao Paolo, da dove inizia la tua esperienza all’estero? Quali motivi ti hanno spinto a lasciare l’Italia?

La mia esperienza all’estero inizia durante i miei studi universitari, con la partecipazione al vecchio programma Erasmus. All’epoca – parPaolo_Primi_1liamo della fine degli anni ’90 – fui catapultato nell’effervescente Berlino della ricostruzione dei quartieri orientali - popolati da artisti, studenti e giovani provenienti da tutto il mondo, attirati dall’immagine di metropoli low-cost, dallo sperimentalismo degli stili di vita, dalla musica tecno – e della riqualificazione politica della città ridivenuta capitale della Germania riunificata. Da allora ho conservato un legame speciale con la città, dove ho continuato ad alternare periodi di vacanza e soggiorni di studio. Poi, dopo la fine del mio percorso universitario, è arrivata in maniera naturale e indolore la decisione di venirci a vivere in pianta stabile.

Raccontaci le varie esperienze professionali che hai avuto all’estero e come hai affrontato in particolare la questione linguistica.

Perchè studiare il tedesco? In effetti, avevo il vantaggio di una buona conoscenza del tedesco quando sono entrato nel mercato del lavoro berlinese. Ho iniziato a lavorare immediatamente come interprete e traduttore sia per enti universitari che per alcune agenzie di marketing e comunicazione. Una delle esperienze lavorative più interessanti ha proprio a che fare con le competenze linguistiche. Un’agenzia mi aveva contattato per tradurre una campagna pubblicitaria di un noto marchio automobilistico tedesco. Fu immediatamente chiaro che la sfida principale non fosse di ordine linguistico, ma che riguardasse piuttosto l’adattamento della campagna pubblicitaria per il mercato italiano, per creare un effetto di risonanza in un pubblico culturalmente assai diverso da quello a cui era rivolto il messaggio messo a punto dagli autori tedeschi.

Concentrandoci su Berlino, sono tanti gli italiani che si stanno muovendo verso questa capitale? Soprattutto dal tuo punto di vista, lavorando in una azienda con respiro internazionale, qual è la percentuale di italiani rispetto a persone di altre nazionalità che scelgono Berlino?

Gli italiani che arrivano in città, i cosiddetti italo-berliner, sono sempre più numerosi e attivi nella scena berlinese. L'Ufficio statistico di Berlino-Brandeburgo ha censito circa 30.000 italiani in città l’anno scorso – e la tendenza è a crescere. La maggior parte di loro vive nel quartiere Friedrichshain-Kreuzberg, in cui la lingua di comunicazione dopo le 20:00 è l’inglese. E quasi due terzi, secondo i dati forniti dall'ambasciata italiana, hanno trasferito la loro residenza nella capitale tedesca. L’azienda per cui lavoro attualmente ha assorbito nel corso degli ultimi 5 anni moltissimi connazionali. Trattandosi di un’azienda che opera nel mercato digitale globale, la percentuale dei collaboratori internazionali varia a seconda delle dimensioni e del potenziale dei mercati locali. E il segmento e-commerce in Italia è estremamente interessante al momento.

Quanto e cosa ha da offrire la città ai nostri connazionali?

Gli italiani che arrivano qui sono attirati da un’immagine di Berlino "cheap e sexy" che per molti versi non è più attuale. Molti images (1)arrivano con l’idea di trovare immediatamente un appartamento economico (magari da comprare a costi da svendita), un lavoro ben pagato con contratto a tempo indeterminato o accedere senza problemi ai mitici sussidi di disoccupazione Hartz IV. La realtà, soprattutto per coloro che non padroneggiano la lingua, è un’offerta piuttosto ampia di mini-job, lavori precari, part time, soprattutto nel settore della gastronomia o nel vivace ecosistema delle start-up berlinesi. Un ulteriore aspetto interessante della capitale tedesca sono le molteplici opportunità per il lavoro freelance. Molto richieste le competenze per il web! Per chi possiede un profilo professionale da programmatore (PHP, HTML, CSS, Java) o da graphic designer, Berlino è certamente un hot-spot lavorativo di grande interesse. E qui una buona conoscenza dell’inglese può ampiamente bastare.

Berlino e il settore digitale, un connubio riuscito?

Molti si pongono la domanda se Berlino riuscirà a diventare la capitale delle startup in Europa, una sorta di Silicon Valley del vecchio continente. In effetti, Berlino sta tentando da anni, timidamente, una riconversione ad hub urbano delle tecnologie digitali e della multimedialità. È una sfida ambiziosa che si nutre proprio dell’apporto di aziende e collaboratori esteri impegnati nella scena digitale della città – per motivi culturali, l’imprenditoria tedesca tende alla stabilità e non all’innovazione, per essere 'digital-innovativ' occorre avere percorsi aziendali non convenzionali, un curriculum innovativo, biografie non stanziali, un certo nomadismo che gli imprenditori tedeschi non sono in grado di mobilitare. Ecco il vantaggio competitivo di chi viene a realizzare i propri progetti imprenditoriali e lavorativi a Berlino.

Tu che lavori in Germania ma come responsabile per l’Italia, quali credi siano le differenze col nostro Paese nel marketing digitale?


Credo che le differenze siano limitate dal punto di vista delle competenze e dei flussi creativi. La scena del marketing digitale italiano è estremamente interessante e vitale. Il vantaggio di chi lavora in Germania è un mercato digitale dotato di una spiccata affinità con il web e più che alfabetizzato nel segmento delle tecnologie digitali e dei nuovi media. Se dovessi formulare un paio di considerazioni intermedie sul mercato italiano direi che si tratta di  un mercato estremamente tosto, con un’audience molto ristretta, canali di marketing saturi, un numero di player limitato… il budget per mettere piede nello stivale digitale è relativamente più impegnativo e i risultati spesso poco soddisfacenti. Insomma una grande sfida!

Pensi sia vero che all’estero il lavoro creativo/strategico è più valorizzato che in Italia?

Attualmente, Berlino viene celebrata a livello internazionale per la vivace scena artistica contemporanea e per essere in qualche modo la culla della “creative economy” europea. Si tratta di un fenomeno assai complesso che trova nella figura dello “hipster” una rappresentazione efficace del livello di investimento simbolico ed economico qui a Berlino sulla cosiddetta “classe creativa” impegnata nel settore dei media e del digitale. Sembra che Berlino abbia fatto proprio il modello proposto da Richard Florida ne L’ascesa della classe creativa sul coefficiente creativo da immettere  nelle economie cittadine come formula per promuoverne la ripresa economica. La mia esperienza mi dice che le competenze creative e strategiche sono valorizzate dalle aziende tedesche attraverso una articolata strategia di “sfruttamento” dell’intelligenza collaborativa nata delle interazioni più o meno spontanee che si generano in uno spazio metropolitano composito e multiculturale. Si pensi anche in questa prospettiva alle lungimiranti politiche tedesche sui flussi migratori comunitari e extra-comunitari, e all’occasione abilmente colta dalla Cancelliera tedesca per accogliere i migranti siriani (il livello di formazione professionale dei siriani è fra i più elevati dell’area) e respingere i migranti  provenienti da altre aree del Mediterraneo privi di un’istruzione formale.

Raccontaci la tua esperienza in idealo, un’azienda tedesca d’origine ma dal forte respiro internazionale.

Nata quindici anni fa come una delle tante start-up berlinesi, è attualmente la piattaforma di comparazione prezzi leader in Germania. L’aspetto forse più interessante di questo comparatore è il processo di internazionalizzazione che l’azienda porta avanti con successo praticamente dall’inizio delle sue operazioni. Può essere un’esperienza emozionante e una straordinaria opportunità di crescita professionale partecipare alla creazione di una strategia di marketing tarata sui singoli mercati nazionali. A dispetto di quanto si crede, le frontiere esistono anche nel segmento digitale e i comportamenti dell’utenza web sono fortemente influenzati dai relativi background culturali. Insomma, il “nazional-popolare” è un po’ l’elemento sfuggente dell’internazionalizzazione delle piattaforme online e una sfida continua per chi lavora in questo settore.

Credi che il successo di questo comparatore di prezzi sia dovuto all’impostazione tedesca o che al contrario sia la sua internazionalizzazione a dargli la forza?

È difficile rispondere in maniera univoca a questa domanda. Naturalmente la scommessa legata al lancio di un portale web è data dalla sua scalabilità, ovvero dalla sua capacità di mantenere inalterata la propria usabilità indipendentemente dal paese in cui sarà lanciato. Ma, come accennavo un attimo fa, è centrale intercettare almeno una componente culturale specifica per entrare in risonanza con i mercati locali. Inoltre, c'è molta concorrenza nel settore degli acquisti comparativi e perché un sito del genere si possa posizionare all'interno dei motori di ricerca è molto importante che articoli un'offerta di servizi internazionale.

Ci racconti qualche aneddoto o curiosità sulla tua esperienza a Berlino?

Vivere a Berlino ha ormai perso da anni quel certo non so che di aneddotico che aveva prima della caduta del muro e per tutti gli anni ‘90. La normalizzazione della città è ormai in una fase molto avanzata. Oltre alla scena delle start-up e alla massiccia speculazione immobiliare che caratterizzano l’attuale profilo della metropoli, resta un’atmosfera diffusa e piacevole di libertà di espressione in cui è possibile incontrare un papà italiano che passeggia con le sue due bambine, rispettivamente di quattro anni e otto mesi, per un delizioso quartiere del centro in cui convivono nella perfetta indifferenza reciproca la scena gay fetish più trasgressiva della città, la comunità turca tradizionalista più folta d’Europa e un allegro multiverso di famigliole con bambini affollate nei numerosissimi ed elaboratissimi parchi giochi gratuiti per i più piccoli (Spielplatz) di cui sono costellati i quartieri della città.

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