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Enzo Michelangeli, professionista informatico, nel 1987 decide di lasciare l'Italia per andare a lavorare in Cina, precisamente a Hong Kong. Questa è stata la sua esperienza di vita e lavoro nella lontana terra d'Oriente.

Intervista ad Enzo Michelangeli Italiano in Cina

Perché ha deciso di trasferirsi in Honk Kong per esercitare la sua professione?

In realtà per ragioni diverse: avevo deciso di prendermi una pausa dal lavoro di tipo tecnico e farmi un po' di esperienza di business.

Ha deciso lei di trasferirsi in Cina oppure è stata  un'opportunità le che si è presentata?

Un mio amico, purtroppo scomparso qualche anno fa, aveva un'attività di import di sottosistemi elettronici dall'Asia (prevalentemente Taiwan) e mi chiese se ero interessato ad aprire una ditta di import-export in Hong Kong e agire da intermediario nel reperimento dei prodotti.

Quali erano i suoi principali dubbi o paure prima di partire, se ne ha avuti?

No, non ne ho avuti anche perché pensavo di fermarmi per due o tre anni. Ma si sa che fine fanno i piani... Comunque, dopo alcuni anni i margini operativi si ridussero considerevolmente e tornai a fare l'informatico, stavolta a Hong Kong. In certi periodi lavorai per società internazionali di telecomunicazioni, software e servizi finanziari, e in altri come consulente indipendente. Attorno al 1993 fondai anche un'organizzazione no profit per la promozione della tecnologia Internet (Association for Internet Resources) e poco dopo misi su il primo webserver commerciale a Hong Kong per uno dei primissimi Internet providers locali. Al momento sono semi-ritirato.

Quali sono stati le più grandi difficoltà all'inizio della sua  esperienza in Cina?

A dire il vero nessuna. All'inizio ovviamente ero poco fluente con l'inglese, ma siccome qui lo parlano male un po' tutti non avevo remore a far pratica. Scherzi a parte in realtà la lingua più parlata dalla popolazione locale è il Cantonese (un dialetto cinese) ma almeno un po' di inglese è compreso da una grossa fetta della popolazione, specialmente quella a contatto con l'estero per motivi di lavoro.

Ha incontrato molti ostacoli dal punto di vista culturale e in generale di inserimento? Qual è l'atteggiamento della popolazione cinese verso gli stranieri?

Culturalmente mi sono sentito subito a mio agio: Hong Kong è la patria del "vivi e lascia vivere", e il periodo coloniale ha lasciato per lo più buoni ricordi: l'ostilità verso gli stranieri è molto ridotta, e quella verso gli occidentali praticamente inesistente.

Dopo quanto tempo ha iniziato a sentirsi davvero a suo agio in Cina?




Da subito. Ma Hong Kong è "Cina" sino a un certo punto.

Immagino abbia avuto modo di uscire da Hong Kong, che è una Regione Amministrativa Speciale, molto diversa al livello legislativo dal resto della Cina,  in queste occasione ha percepito la differenza tra queste due realtà  orientali? In cosa è più evidente la differenza?

Dipende dai posti: le grandi città come Shanghai, Guangzhou, Shenzhen, Wuhan etc. stanno rapidamente trasformandosi in metropoli e internazionalizzandosi (anche se la percentuale di chi parla inglese è molto più bassa). Le campagne sono ancora povere. Comunque le differenze più sostanziali non sono di tipo umano, ma istituzionale: nella Mainland China lo stato si identifica col partito, mentre in Hong Kong vige uno stato di diritto con separazione dei poteri. In particolare, la magistratura è molto indipendente e non esita a prendere decisioni che possono infastidire l'esecutivo (che è nominato dal governo centrale cinese). L'assemblea legislativa è per metà eletta a suffragio universale e per l'altra metà da associazioni professionali (camere di commercio e simili). La stampa è libera e aggressiva nei confronti del potere, e Internet non è soggetta a filtraggio censorio come invece accade a nord del confine.

Italiani che lavorano e vivono in Cina

Cosa apprezza di più del paese in cui si trova?

Lo spirito imprenditoriale; la tolleranza; la capacità ad adattarsi ai tempi che cambiano (negli anni '80 l'industria manifatturiera si delocalizzò in Cina, ma la manodopera si ricollocò nei servizi con tassi trascurabili di disoccupazione). Sono qualità di cui l'Italia avrebbe grande bisogno.

Cosa ancora non riesce a capire?

Nulla di specifico, direi. Ci sono invece cose che non capisco dell'Italia...

Al livello professionale, e sociale, cosa le ha offerto questo paese che in Italia non avrebbe potuto raggiungere facilmente?

Libertà dalle pastoie burocratiche. Il peso e l'invadenza dello Stato in Italia è sempre stato elevato, e sta raggiungendo limiti intollerabili. Non si tratta solo della pesantezza del prelievo fiscale: la pubblica amministrazione pare congegnata in modo da rendere difficile il rispetto delle leggi, che a loro volta sono oscure, complicatissime e in perenne cambiamento.

Cose le manca di più dell'Italia? tornerebbe a lavorare in Italia?

Passo dall'Italia alcune volte all'anno, quindi non ha il tempo di mancarmi molto. Ma certo non mi ci ristabilirei per lavorare: l'Italia è un paese eccellente per viverlo da turista, ma assai inospitale verso chi vuole avere un'attività, soprattutto se autonoma. È anche l'unico paese OCSE ad avere un bilancio negativo nel flusso di laureati: ne emigrano più di quanti vi immigrino, e un motivo ci sarà... Il recente articolo dell'economista Mario Deaglio a http://www.lastampa.it/2012/11/25/cultura/opinioni/editoriali/il-torpore-che-imprigiona-il-paese-WyTGYcFJlMIiJBW349mWBO/pagina.html riassume piuttosto bene le mie impressioni.

Cosa si sente di consigliare ai giovani Italiani che in questo momento storico non hanno davanti a loro molte prospettive dal punto di vista professionale?

Imparare bene una lingua (soprattutto l'inglese) e cercare opportunità fuori all'Italia, magari cominciando con lo studiarci. Anche se si intende poi ritornare, un'esperienza all'estero è sicuramente utile, e figura anche bene sul curriculum vitae. Inoltre, consiglio di seguire un indirizzo tecnico-scientifico, che offre molti più sbocchi professionali (soprattutto nel nord Europa e in nord America).

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