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Luca nel marzo del 2011 ti sei trasferito a Londra. Perché l’hai fatto? Studio o lavoro?

L’ho fatto per curiosità e per disperazione. Dopo l’ennesimo stage non retribuito avevo bisogno di cambiare aria, di vedere se anche altrove le aziende ti chiedono di lavorare “così avrai un bel curriculum”. E poi mi ero sempre promesso un’esperienza all’estero e a quasi 29 anni non potevo rimandare ancora per molto.

Big BangPerché hai scelto Londra?

Erano anni che pensavo a Londra, mi affascinava. E’ capitata l’occasione e sono partito.
Qualche giorno prima a Roma, dove vivevo da qualche anno, mi avevano proposto un lavoro in un ufficio stampa. Sembravano tutti entusiasti che lavorassi con loro. Quando ho chiesto quale fosse il salario mi hanno dato una pacca sulla spalla e e mi hanno detto, con una convinzione che non ho mai capito, che mi avrebbero dato duecento euro in due mesi e che “però avrei fatto una bella esperienza”.
Diciamo che ero stanco di fare "belle esperienze", volevo un lavoro. L’ho cercato a Londra.

Com’è stato l’impatto con Londra e con l’Inghilterra?

L’impatto con Londra è stato forte, entusiasmante come succede con tutte le cose nuove. Allo stesso tempo è stato difficile. L’inglese in Inghilterra ha poco a che fare con quello che hai imparato a scuola e me ne sono accorto già in aeroporto. Però Londra è una città fantastica, è facilissimo fare incontri e trovare persone disposte a darti una mano, trovi sempre qualcuno arrivato poco prima di te che ti spiega come funzionano le cose  come qualcuno ha fatto precedentemente con lui, impari abbastanza velocemente a camminare con le tue gambe.

Cosa ha Londra che l’Italia non ha?

L’efficienza. Se fai una domanda ti danno subito una risposta. Ho avuto a che fare con diversi uffici pubblici e funziona veramente tutto molto bene. Penso sia una città da cui si possa imparare molto a livello organizzativo.

Cosa ha l’Italia che Londra non ha?Tower Bridge

I profumi, un caffè che non sia lunghissimo e bollente. I sapori. I bar con sempre le stesse facce. È l’atmosfera che è diversa.

A parte bere il caffé buonissimo e frequentare i bar con le stesse facce...cosa facevi prima di andare a Londra?

Avevo studiato giornalismo e collaboravo con qualche redazione. Mi piace scrivere, mi è sempre piaciuto e mi piace ancora. Prima di andare a Londra allungavo il curriculum, gratis o quasi.

Quando ti sei trasferito lo hai fatto pensando che saresti ritornato presto in Italia o avevi intenzione di rimanere a Londra a lungo?

Volevo fare un’esperienza breve, qualche mese di scuola pensando di poter imparare tanto in poco tempo. Invece mi sono reso conto che per imparare la lingua ci vuole pazienza, devi studiare ma anche frequentare gente del posto, devi allenarti, non aver paura di sbagliare, bisogna buttarsi e avere pazienza. Pensavo di restare due mesi, sono rimasto quasi un anno e mezzo.

Hai trovato lavoro a Londra? Era uno attinente al giornalismo?

Ho cercato lavoro subito. E’ una città così grande e in fermento che se uno ha veramente voglia il lavoro lo trova. Io ho trovato lavoro in un’azienda che si occupava di ricerche di mercato. C’erano gruppi di lavoro di mezzo mondo, è stato interessante. E poi mi pagavano, uno stipendio vero. No non c’entrava molto con il giornalismo.

Come ti sei trovato? Ti è piaciuto?

Mi è piaciuto, certo. Stavo a contatto con persone e culture diverse, mi confrontavo con persone che hanno idee e abitudini  differenti dalle mie. Sono convinto che una volta nella vita tutti dovrebbero trovarsi lontani da casa propria, dagli affetti, dalle attenzioni e dalle comodità a cui sono abituati.  Le difficoltà e le nuove esperienze fanno crescere. Se ti convinci che ti serviranno, ti rendono più forte e forse, in alcuni casi, più saggio. Quando mi chiedevano dall’Italia “Che fai?” e rispondevo che lavoravo in un call center mi dicevano che ero pazzo. Invece io ero felice, mi divertivo, andavo volentieri a lavorare.
Se uno si laurea in ingegneria e poi scopre che fare il gelataio lo rende felice, deve fare il gelataio secondo me. Comunque io voglio scrivere, ma in quel momento mi andava bene così.

Ti è costata molto la ricerca del lavoro?

Non è un periodo facile neanche in Inghilterra. Per cui all’inizio ho camminato tanto, lasciavo i curricula nei ristoranti oppure nei pub e poi mandavo email alle redazioni da casa. Non è stato facile, ma come ho detto prima, Londra è una città con tantissime opportunità, basta volerlo.

giovane disocuppato con cartelloQuali sono i canali che hai usato per cercare lavoro? Chi ti ha aiutato?

Ci sono diversi siti internet per la ricerca di lavoro che funzionano molto bene. Uno molto usato è Gumtree.com. Anche i Job Center funzionano. Tu la mattina ci passi, guardi sui terminali che offerte ci sono, te le stampi e, se vuoi, puoi anche telefonare direttamente dal loro telefono. Molto pratico e semplice. Tutto gratuitamente ovviamente.

È stato facile per te trovare un lavoro a Londra? Sarebbe stato più o meno facile in Italia?

In Italia, secondo me, il lavoro lo trovi altrettanto semplicemente. La differenza è che in Inghilterra ti pagano, che tu sia giovane o anziano, se sai fare delle cose e offri un servizio ti viene riconosciuto. In Italia, a volte, sembra che a fine giornata devi pure ringraziare per aver lavorato gratis.

Quando dici che in Inghilterra ti pagano, lasci intendere che in Italia non avviene?

In Italia funziona così: tu vieni a lavorare sei mesi per me, fai tutto quello che io non ho voglia o tempo di fare, io in cambio non ti insegno niente, non ti rimborso le spese e a fine contratto ti mando a casa e prendo un altro a fare la stessa cosa. E non parlo solo di piccole aziende, parlo anche di aziende importanti. È il famoso stage e io sono contro lo stage come è concepito ora nel nostro Paese.

Non voglio criticare l’Italia, io adoro il mio Paese, davvero, però su alcune cose bisogna cambiare e velocemente.Questo sfruttamente dei giovani è terribile, conosco tanti ragazzi capaci, ormai sulla via della rassegnazione. Io posso capire che dopo tre mesi di lavoro un’azienda ti dica che non sei adatto a loro o che non possa darti un’opportunità per qualsiasi motivo, ma almeno in quei tre mesi, visto che non mi paghi, insegnami qualcosa. Altrimenti ho solo perso tempo.

A Londra non ti è mai successo che ti offrissero uno stage?

A Londra capita che ti prendano per una giornata di prova in un ristorante o in un pub, ti fanno lavare i piatti e qualche volta, appena sono tutti splendenti, ti mandano a casa senza un soldo dicendo che ti faranno sapere. I furbi ci sono ovunque. Comunque stage veri e propri personalmente non mi è capitato che mi venissero offerti, ma ho amici che l’hanno fatto e si sono trovati abbastanza bene. Ripeto, non condanno lo stage, il problema sono le parole: in Italia usano stage come sinonimo di sfruttamento.

Ritornando al tema della ricerca: in Italia avresti cercato lavoro allo stesso modo?

Più o meno sì. Credo che in Italia sia più facile far qualcosa se conosci qualcuno e meno facile crescere professionalmente. A Londra non importa chi sei, che faccia hai, quanti piercing metti la mattina, importa solo quello che sai fare. Questo è bellissimo. Se vai negli uffici pubblici può capitare di trovare allo sportello un Punk con un metro di cresta, nessuno si scandalizza. Sa fare il suo mestiere e lo svolge onestamente, questo è importante.

Avevi cercato lavoro dall’Italia prima di andare lì?

No, ho deciso di partire in pochi giorni e sono arrivato che avevo una stanza in condivisione. Solo quello.


Avevi un curriculum vitae scritto in inglese?

L’ho scritto appena arrivato, il giorno dopo.

Chi ti ha aiutato?

Mi sono fatto aiutare da un’amica che di inglese ne ha sempre saputo più di me. Poi dopo una settimana di scuola conoscevo abbastanza gente, ci siamo dati una mano a vicenda.

Hai fatto tanti colloqui di lavoro? Racconta un po’ le tue esperienze.

Ho fatto diversi colloqui. Il primo è stato con un italiano in un grande hotel nel centro di Londra, eravamo in due. Avevo risposto ad un annuncio su un sito, non ricordo esattamente cosa diceva l’annucio ma sembrava una cosa seria. Quando sono arrivato un signore in giacca mi ha promesso mari e monti, mi ha fatto vedere su un giornale la Ferrari che avrei potuto comprare se avessi lavorato con lui e i viaggi e i posti che avrei potuto vedere. Dopo due ore che mi elencava i lussi che mi sarei potuto permettere nella mia nuova vita gli ho chiesto “Ma alla fine, che lavoro devo fare?” Mi ha detto che avrei dovuto comprare 250 pound di saponi e bagnoschiuma per iniziare. Ho salutato cortesemente, non l’ho neanche mai desiderata la Ferrari.

Poi ho lavorato tredici ore di fila in un ristorante italiano, molto conosciuto, come Runner: ho grattuggiato una quantità infinita di limoni, lavato e asciugato bicchieri, lucidato e trasportato vassoi pesantissimi in argento in una sala con gente ricchissima sotto i comandi di un ragazzo italo-brasiliano a cui mancava solo la frusta. Alla tredicesima ora mi è mancata un sacco l’Italia. Il giorno dopo ho chiamato e avvisato che non sarei più tornato, ognuno ha i suoi limiti.

Qual era il tuo livello di inglese quando sei arrivato? Hai dovuto migliorarlo molto per trovare un lavoro?

Era bassissimo. All’inizio non capivo niente quando mi parlavano: era troppo veloce, i suoni sono troppo diversi da come li hai studiati a scuola. Almeno per me è stato così. Poi piano piano inizi a imparare qualcosa e a farti capire. Quando non capivo sorridevo e annuivo: mi ha aiutato tanto sorridere, lo percepiscono tutti un sorriso. Poi se lo fai convinto, oltre al tuo interlocutore, pure tu ti convinci di aver capito quello che hai appena sentito.
A parte gli scherzi si può trovare lavoro anche con un livello basso di inglese ma poi se si vuole crescere, e a Londra ti danno la possibilità di crescere e di dimostrare quanto vali, bisogna prima di tutto migliorare la lingua.

Com’era il tuo salario? Ricevevi una paga soddisfacente?

Venivo pagato abbastanza bene. Riuscivo a pagarmi le spese e mettere qualcosa da parte. Mai sentito così ricco in vita mia da quel punto di vista.

Com’è la situazione lavorativa a Londra?

La crisi economica ha coinvolto anche l’Inghilterra. Però Londra è una città incredibile, veramente, c’è gente che arriva e che parte in continuazione, è tutto costantemente in movimento. Ripeto, se uno non si lascia abbattere dalle prima difficoltà ha buone possibilità di trovare un lavoro e crescere.

Puoi fare un paragone rispetto alla situazione in Italia per favore.

L’Italia è bellissima, ad un certo punto mi è mancata tantissimo. Non è retorica dire che ti mancano certi odori, certi sapori, certi contesti. Però Londra è una città molto organizzata, ad ogni problema sembra ci sia una risposta immediata e finisci per avere l’impressione che in Italia in questo momento non giri bene niente. Conosco tante persone capaci che stanno a casa a non fare nulla e la colpa non è sicuramente tutta loro.
E poi in Italia c’è l’idea che certe cose sono da condannare assolutamente, ma se vanno a tuo vantaggio si può chiudere un occhio. Ecco io credo ci voglia più onestà. Ho sentito tanta gente parlare di raccomandati e poi occupare un posto di lavoro solo per avere il merito di essere nipote di questo o quello zio. Ecco allora: almeno taci.

Ci sono molti italiani a Londra?

Tantissimi italiani, ogni cento metri qualcuno parla in italiano. Ma anche tantissimi spagnoli. In realtà a Londra c’è tutto il mondo ovunque, gli inglesi credo siano una minoranza. Ho vissuto con somali e sudafricani, ho incontrato iracheni, cinesi, pakistani, francesi, austrialiani e chi più ne ha più ne metta.

Avevi colleghi di lavoro italiani?

Sì, una decina.

Ce n’era qualcuno che ricopriva posizioni importanti?

La responsabile dell’Azienda è una ragazza italiana.

Cosa ti è mancato di più dell'Italia?

Londra è la globalizzazione. E’ tutto una catena, tutta una ripetizione, è tutto così perfetto, ordinato che a volte ti sembra di vivere in qualche strana storia di Dylan Dog. Non esiste il negozietto di zio Pino, esiste il Mac Donald sotto casa o il Mac Donald di fronte a casa oppure quello all’angolo di casa. Forse sto esagerando ma in certi momenti mi è sembrato tutto fosse anonimo. Poi ogni angolo ha questo odore di patatine fritte e hamburger che è terribile, per non parlare del cappuccino, non lo sanno fare proprio.  Poi a Londra c’è sempre qualcosa da fare certo, però se sei legato ad un paese ti manca. Voglio dire, anche se vivi con la tua fidanzata, la mancanza di Mamma la senti sempre.

Da buon italiano che si rispetti, la cosa che ti è mancata di più del Belpaese è il cappuccino e la mamma... Sei rientrato per questo in Italia?

Sono rientrato perché non mi vedevo a Londra tra venti anni. Sentivo il bisogno di ritornare e provare a fare quello per cui ho studiato. Da Londra volevo un’esperienza, l’ho fatta, poi basta. Mi piacciono le esperienze, mi piace cambiare ma mi piace molto l’Italia.

Adesso stai facendo il lavoro per cui ti eri preparato e avevi studiato? Racconta un po' come stai "sfruttando" in Italia quello che hai appreso a Londra.

Sono appena rientrato e passo i pomeriggi nel tabacchino di famiglia in Sardegna.  Vivo in un paesino e vendo sigarette, accendini, Gratta e Vinci  e materassini da mare. Riesco a piazzarli anche agli inglesi qualche volta... A parte questo a fine stagione andrò in una città più grande e busserò a tutte le redazioni. Sono abbastanza determinato. Non so se l’esperienza a Londra mi servirà per trovare lavoro, l’importante è che mi sia servita nella vita. Quando ho deciso di tornare ho pensato di essere nuovamente pronto per rimettermi in gioco quindi ricomincerò a scrivere.

Consiglieresti di provare un’esperienza come la tua?

Assolutamente sì, confrontarsi con realtà, situazioni e persone diverse credo renda le persone più civili, più tolleranti. Tutto ciò che è diverso ha qualcosa di buono da insegnarti, bisogna volerlo saper leggere.

Quali altri consigli daresti?

Con responsabilità e rispetto per gli altri godersi ogni secondo della propria vita, lasciando che le voci e gli sguardi fastidiosi volino via con il vento.

 

Luca guarda il cielo

 

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