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Vicepresidente del Parlamento EuropeoIl 4 ottobre 2011 abbiamo incontrato a Bruxelles presso il suo ufficio, Gianni Pittella, Vicepresidente Vicario del Parlamento europeo dal 14 luglio 2009.
Lavoro, stage, donne, fuga di cervelli, rete, erasmus, Europa e politica. Questi gli argomenti sui quali l'onorevole Pittella ha risposto alle nostre domande.

Leggi l'intervista anche in inglese, francese e spagnolo.

Il sito web per cui la intervistiamo si chiama ModelloCurriculum. Dà indicazioni su come si fa un curriculum vitae e su come cercare lavoro in Italia e in Europa. Se Lei dovesse scrivere per questo sito che indicazioni darebbe ai giovani?

Innanzitutto di mostrare la loro vocazione oltre che le loro acquisizioni, la loro capacità e i loro standard formativi, perché è importante essere laureato, specializzato o aver partecipato ad un master, ma è importante anche dimostrare una propria vocazione per una determinata materia, una determinata attitudine. Non basta avere un curriculum formativo importante, bisogna avere anche forti motivazioni morali.

Bastano la vocazione e un buon curriculum attualmente in Italia, in Spagna e in Grecia?

Assolutamente no, non bastano, non è sufficiente e c’è una situazione di carenza di opportunità, di perdita delle opportunità e dei livelli occupazionali esistenti che è veramente drammatica. Veramente c’è bisogno di avere sia attitudini, sia skills che vocazioni forti per tentare e per sperare, ma la situazione attuale è veramente disastrosa.

Parliamo degli stage in Italia. La legge permette alle imprese di sfruttare gli stagisti: nessuno contratto, nessun rimborso. Si permette che un giovane vada da un’impresa all’altra arrivando ai trent’anni senza un contratto di lavoro, ma avendo accumulato sul suo curriculum vitae stage su stage. Nel resto dei Paesi d’Europa questo non avviene.

Lei che ricopre un ruolo importante a livello europeo non pensa che si dovrebbe fare qualcosa? Proporre ad esempio una normativa affinché si risolva questa situazione di illegalità e sfruttamento che c’è in Italia relativamente allo stage?

Sì, hai perfettamente ragione e io sono d’accordo ovviamente sul fatto che sia uno scandalo che un giovane possa fare a vita lo stagista. Il problema vero è che oggi la materia del lavoro e degli stage è di competenza degli stati nazionali, quindi, compatibilmente con i trattati esistenti, con la legislazione esistente, l’Unione europea non può legiferare su questa materia.

Questo tema ne chiama in campo un altro grande: quello dell’armonizzazione del mercato europeo, nel senso che bisognerebbe armonizzare il mercato del lavoro, bisognerebbe avere regole che riguardino anche gli stage, la formazione, l’istruzione, il lavoro e che siano comuni a tutti i 27 Stati europei. Purtroppo questo non c’è oggi e fino a quando non si va verso questa armonizzazione noi avremo sempre situazioni disparate.

Oggi verrà presentata l’iniziativa “5 ideas for a joung Europe”. Nello spot sfoggia il suo inglese in maniera disinvolta. Ci vuole illustrare questa iniziativa e dirci cosa pensa di quei leader nazionali europei che si ostinano a rifiutare di imparare l’inglese?

Grazie per il complimento. Penso tutto il male possibile di tutti quei leader che non vogliono imparare l’inglese. Io lo sto facendo, benché abbia cinquant’anni, con tanta umiltà, anche sacrificando, tra virgolette, le mie vacanze. Lei pensi che già da alcuni anni l’estate la trascorro a Bruxelles con il mio professore d’inglese e con mia moglie che mi accompagna. Non vado al mare ma sto nove ore al giorno a fare lezioni d’inglese quasi ogni anno.

Nove ore al giorno?

Nove ore al giorno. Non sono bugie. Ci sono testimoni, ma d’altra parte non ho nessun interesse a dire una cazzata. Conoscere l’inglese è fondamentale.

Io pago il dazio di una mentalità che c'era quando andavo a scuola  e che non pensava, non riteneva importante, essenziale la conoscenza delle lingue e, quando tu le lingue non le impari a dieci anni o a quindici anni, difficilmente riesci a impararle dopo. Mi sono ritrovato a fare il Parlamentare europeo senza quindi un background sulle lingue e ho riniziato a studiare a quest’età, ovviamente con maggiori difficoltà rispetto ad un ragazzino. Bisogna fare in modo che almeno una lingua in aggiunta alla propria si conosca.

In quanto all’iniziativa “Cinque idee per fare più giovane l’Europa” io credo che sia una bella iniziativa, anche molto innovativa. Difficilmente trovi un Vicepresidente del Parlamento europeo e una Vicepresidente del Comitato Economico e Sociale (Anna Maria Dermanin, NdR) che decidano di visitare dieci, quindici università d’Europa per ascoltare oltre che per dire, per ascoltare le proposte dei giovani studenti.

Noi abbiamo lavorato e io posso dire di essere stato il padre di una nuova generazione di Erasmus perché sono partiti da me gli Erasmus per i giovani imprenditori e gli Erasmus per i giovani della Pubblica Amministrazione.

Veramente Lei pensa che un funzionario di una Pubblica Amministrazione di un Paese dell’Europa del nord possa imparare facendo un Erasmus presso una Pubblica Amministrazione italiana?

È chiaro che impara di più il membro della Pubblica Amministrazione italiana dall’Amministrazione pubblica francese o del Nord Europa, però c’è anche qualcosa da cui imparare dall’italiano, anche perché la creatività, la fantasia con la quale noi riusciamo a risolvere i problemi a volte surroga un’alta competenza. A volte noi compensiamo il deficit di alta competenza con le capacità creative.

E in ogni caso lo scambio non è mai solo da una parte. Lo scambio è sempre biunivoco ed è sempre fruttuoso. La mia idea, il mio convincimento è che scambiarsi esperienze nella Pubblica Amministrazione, nella scuola, nell’Università, nel lavoro, è fondamentale.

Nell’anno accademico 2009/2010 sono partiti 21 mila studenti in più dalle Università italiane. Però tutti si lamentanto della borsa esigua che ricevono e, spesso, del fatto che viene erogata soltanto al rientro. Si potrebbe fare qualcosa per migliorare la condizione economica dell’Erasmus?

Si deve fare qualcosa, perché è assolutamente irrisoria la borsa di studio ricevuta e si può fare qualcosa se aumenta il bilancio comunitario, altrimenti sono petizioni al vento.

Noi abbiamo un bilancio comunitario di 130-140 miliardi all’anno che deve coprire tutte le esigenze di 27 Paesi.
Di tutte le politiche noi vogliamo e chiediamo che l’Unione europa faccia per i 27 Paesi: dalla politica agricola, alla politica di coesione, alla politica dei giovani ed è chiaro che con 130-140 miliardi all’anno non si riesce a dare una risposta adeguata.

La mia proposta è di aumentare il bilancio monetario, di raccogliere attraverso gli Eurobond una provvista finanziaria di mille miliardi all’anno. Mille miliardi all’anno è possibile raccogliere con gli Eurobond! Bisogna spenderli quasi tutti nel capitale umano.

Ecco, la strada, la chiave per uscire dalla crisi e per fare più forte l’Europa: investire sul capitale delle ragazze e dei ragazzi.

Secondo una recente ricerca dell’Isfol (Istituto per lo Sviluppo Professionale dei Lavoratori) il 30,7% degli italiani ha dichiarato di aver trovato lavoro grazie alla raccomandazione e, tra gli intervistati, sono soprattutto i giovani quelli che dicono di essere stati raccomandati. Che cosa ne pensa? A Lei è mai stato chiesto di raccomandare qualcuno?

Allora bisogna distinguere. Il concetto di raccomandazione è un concetto vario che si presta a diverse interpretazioni.

Se un giovane viene da me e mi dice: “Io ho un curriculum che mi sono costruito attraverso sacrifici. Sono bravo, però vengo da un comune sperduto della Basilicata, della Calabria, non ho conoscenze. Mi puoi fornire delle informazioni, delle dritte, dei suggerimenti? Puoi  veicolare il mio cv tu, Europarlamentare, che conosci delle società, etc.?”.

Io che faccio? Mi rifiuto di prendere quel curriculum, di veicolarlo? Io lo prendo il curriculum. Non ho difficoltà a dirlo. Lo prendo il curriculum e lo mando in giro così come prenderei il curriculum di chiunque mi scrivesse.

La cosa grave è se un politico prende il curriculum del ragazzo chidendogli in cambio un voto, un consenso, una fedeltà, altro peggio ancora e allo stesso tempo danneggaindo un altro.

Per me è non statuire uno scambio il limite!
Ovviamente la società più bella sarebbe quella in cui non sarebbe necessario tutto questo. La società ideale è quella della meritocrazia, in cui il giovane non ha bisogno dei consigli del Parlamentare o del prete o del medico, perché ha gli strumenti per candidare il suo curriculum liberamente, sapendo che la scelta sarà fatta sulla base del merito e della qualità. E in questo senso le nuove tecnologie aiutano, perché molti giovani oggi non hanno più bisogno di chiedere il consiglio a Gianni Pittella, su a chi veicolare il loro curriculum. Purtroppo però le nuove tecnologie non è che tutti quanti le usano. Ci sono persone che non le usano. Ci sono situazioni di isolamento, di alcuni comuni, per esempio del Mezzogiorno d’ Italia, in cui non è facile: molti giovani escono dal Liceo, dalla stessa Università in condizioni di oscuramento rispetto alle opportunità.

Faccio un altro esempio: molti giovani si rivolgono a me per conoscere le opportunità di stage presso le istituzioni comunitarie. Io mi limito a fargli avere tutte le informazioni.

Qua non si tratta di chiedere una raccomandazione. È semplicemente chiedere indicazioni.

Ma io mi limito a dare informazioni e, quando mi viene chiesto, a far circolare un curriculum fra i vari soggetti che possono essere interessati a quel curriculum. Io lo faccio, non la reputo una raccomandazione.

Lo reputo una segnalazione di una persona che, a mio giudizio, ha le caratteristiche per cercare lavoro, ferma restando la totale libertà di un’azienda di accettare o meno quel curriculum. Non è assolutamente una pressione che io faccio.

Passiamo alla politica di sostegno alle donne. A livello nazionale non c’è stata molta attenzione, soprattutto negli ultimi anni. Può essere una coincidenza o no il fatto che l’esodo femminile verso gli altri Paesi è aumentato, così come il numero di donne inoccupate e disoccupate. Perché si è così insensibili verso la politica di sostegno alle donne? È una cultura maschilista quella che predomina ancora in Italia?

Stenta ad affermarsi un concetto, un principio, un valore, che è quello delle pari opportunità.

Anche se devo dire che qualche segnale di controtendenza si avverte, nel momento in cui si cerca di affermare che la presenza femminile va assicurata nelle liste elettorali in posizioni vincenti e anche nei consigli di amministrazione.
Il Parlamento italiano ha approvato una legge in questa direzione e si tenta di affermare un punto, che a me sta molto a cuore, che è il bilancio di genere.
Io aggiungerei che bisognerebbe fare adottare da tutti gli enti pubblici il bilancio di genere e il bilancio di generazione.

Cosa sono?

Il bilancio di genere è come l’azione della Pubblica Amministrazione è finalizzata alla realizzazione della pari opportunità di genere e il bilancio di generazione è come l’azione della Pubblica Amministrazione è finalizzato a dare risposte ai giovani.


Ciò significa che il comune di Canicattì deve fare un bilancio che abbia queste due caratteristiche: che le scelte di priorità, le spese, siano finalizzate a ridurre la disparità tra uomo e donna. Per esempio asili nido, strutture che consentano alle donne di avere la maternità e di lavorare, e azioni finalizzate a dare maggiori risposte all’universo giovanili in termini vari, in termini di cultura, spazi culturali, formazione, di borse di studio, di strutture sportive. Ci sono tanti modi per favorire le nuove generazioni creando una qualità della vita per le nuove generazioni, creando opportunità di lavoro.

Lei si sta occupando dell’America Latina e del Mediterraneo. È informato sulla quantità di italiani che ogni anno sta lasciando l’Italia per emigrare di nuovo verso l’America Latina o altre aree del Mediterraneo?

Bé non faccio lo statistico di mestiere e quindi non conosco le statistiche che riguardano l’esodo eventuale di italiani verso altre aree.
Nei decenni scorsi c’è stato un grandissimo esodo soprattutto verso l’America Latina. Spesso vado in Argentina e ho sentito che la definizione migliore di un argentino è: “l’argentino è un italiano che parla spagnolo”, perché la stragrande maggioranza degli argentini sono discendenti di italiani, ma comunque la comunità italiana ha avuto una grandissima influenza in tutta l’America Latina.

Io penso che noi siamo interessati ad avere ottimi rapporti sia con l’Argentina che con tutta l’America Latina così come, sono convinto e tenacemente impegnato, a fare in modo che ci sia una più forte cooperazione Europa-America Latina.

Torniamo al tema dei cittadini italiani che lasciano il Paese, non soltanto diretti nell’America Latina. All'Aire (Anagrafe Italiani Residenti all'Estero) quest’anno sono iscritti quattro milioni di italiani. Volevo una Sua opinione sul perché di questa fuga dall’Italia.

C’è la fuga perché in Italia c’è una situazione di disoccupazione terribile. C’è una disoccupazione che riguarda la fascia medio-bassa e  c’è una disoccupazione intellettuale tremenda che riguarda anche ricercatori, professori, insegnanti. E quando un ricercatore, per fare un esempio, va a New York o a Washington o in altre parti del mondo, e viene apprezzato, stimato e inglobato nei circuiti di ricerca, poi non torna, perché le strutture che si trovano in altre parti del mondo sono talmente superiori a quelle italiane, che un ricercatore che si è trasferito in un grande centro di ricerca degli Stati Uniti difficilmente poi può tornare in Italia.

È soltanto una questione di strutture?

È una questione di strutture ed è anche una questione di stipendi, perché lo stipendio che oggi viene erogato, ad un ricercatore ad esempio, è veramente da fame.

Così torniamo al discorso di prima: qui se non c’è un cambio di priorità nell’agenda economica del Governo e si dà priorità alla formazione, alla valorizzazione delle risorse umane, anche in termini di stipendi adeguati per chi lavora nelle Università, nella Ricerca, nei circuiti sceintifici, se non c’è questo coraggio di dire: “Premiamo le eccellenze”, se non c’è questo, è chiaro che si fugge.

Cosa pensa della legge ribattezzata “Controesodo”?

Una buena legge, però fa i conti con queste difficoltà. Parliamo della legge Letta-Lupi, un buon tentativo che in qualche modo vuole incentivare il rientro.

Non pensa che non si possa limitare il rientro solo ad una questione economica? Pensa che si possano far rientrare i cervelli in Italia soltanto aiutandoli con degli incentivi fiscali?

Assolutamente è soltanto un tentativo che si fa. Non è che con quella legge si può risolvere il problema generale. Il problema generale si risolve se cambia la politica economica.
Ma non è colpa di Letta se non c’è una politica economica adeguata. Letta e gli altri firmatari della legge intervengono a toccare un tasto, ben consapevoli che non è soltanto toccando quel tasto che si risolve il problema. Il problema, lo ripeto, si risolve se il Governo e il Parlamento decidono che le priorità dell’agenda non sono mantenere situazioni di assistenza in giro, di assistenza intesa in termini clientelare, di spesa pubblica per certi enti inutili.
Non si ha il coraggio di dire chiudiamo delle situazioni che sono parassitarie. Anche riduciamo i costi della politica, in maniera razionale non demagogica.
Ci sono costi della politica che possono essere ridotti! Le risorse che recuperiamo spendiamoli innanzitutto nel campo della ricerca, dell’istruzione e della formazione.

È d’accordo sul fatto che a livello nazionale si sia investito poco sulla formazione, quasi come se la cultura e l’istruzione non fossero nell’agenda politica?

Sono d’accordo! E considero una delle colpe più gravi dell’attuale Governo quella di aver sacrificato Università, Scuola, Istruzione, Ricerca, Cultura. È un tagliarsi gli attributi, perché se non si investe sul capitale umano, sui nostri giovani, si recide il legame con il futuro.

Lei è uno dei politici che sta di più sul web. Ha un sito personale, ha dei profili su Facebook e Twitter, ha delle pagine, ha un sito (Europabarcamp.it) che raccoglie dei contenuti che permettono ai cittadini di fare quelle che Lei chiama “non conferenze”.

Quant’è importante la rete per un politico? Può essere anche uno strumento per controllare e indirizzare le volontà dei cittadini?

La Rete è fondamentale, prima non c’era la Rete e si usavano metodi tradizionali per parlare con i cittadini, per coinvolgerli, per sentire i cittadini. Oggi non bisogna sacrificare i metodi tradizionali nel sensoche bisogna avere il contatto fisico con il territorio ed io ogni settimana torno al mio paese, nella mia regione (Basilicata, NdR), però bisogna anche utilizzare questa grande manna che ci ha mandato il cielo che è la Rete. Con la Rete, attraverso Facebook io parlo ogni giorno con centinaia di persone. Attraverso BarCamp noi facciamo delle conferenze non tradizionali, nelle quali partendo da un tema raccogliamo le idee, le proposte di tutti i cittadini che vogliono partecipare, senza nessuna remora.

È un’esperienza bellissima. Dico di più: io sono pronto a lanciare un grande progetto che si chiama “Wikicrazia”, un progetto di open government che riguardi tutta la Pubblica Amministrazione, i governi nazionali, i governi regionali, i municipi, la messa a disposizione dei dati, la possibilità dei cittadini attraverso la Rete di contribuire a risolvere i problemi della strada di quel quartiere dove vivono.

Noi dobbiamo fare tante esperienze piccole e grandi, di municipio Wiki, di regione Wiki, cioè il massimo della trasparenza e il massimo del coinvolgimento dei cittadini. Sto proprio in queste ore lanciando un’associazione nazionale e europea che si chiamerà “Prima persona”: un’associazione formata da giovani, di cui io sono Presidente e uno dei topic di questa associazione è la wikicrazia, ossia realizzare progetti wiki in tutte le pubbliche amministrazioni e anche a livello europeo.

simbolo EuropaTra i cittadini europei è viva la coscienza civica europea o c’è ancora una forte distanza rispetto alle istituzioni europee. I cittadini sanno qual è il ruolo del Parlamento, della Commisione Europea, chi vanno a votare e qual è l’importanza dell’Europa come istituzione?

Non sufficientemente. Non abbastanza. C’è una fetta non molto alta di cittadini consapevoli su queste cose. Vi è un’insufficiente azione di alfabetizzazione nelle scuole, nelle Università, nei partiti, nelle istituzioni. Vi è un’insufficienza colpevole rispetto alla grande realtà che si chiama Europa e c’è una confusione che genera tanti fraintendimenti, tanti misunderstanding.
Molta gente confonde qual è il ruolo del Parlamento con quello della Commissione europea e del Consiglio europeo. Non si sa qual è l’architettura dell’Europa. Non si sa esattamente la funzione di ogni Parlamentare europeo. Questo va sanato.
Noi non ci rendiamo conto che già oggi l’Europa condiziona la legislazione nazionale per il 75%. E allora come fa un cittadino, un politico, un esponente dei media, un istruttore, un educatore a non cimentarsi su che cos’è e su che cosa significa l’Europa? Eppure se si aprono i giornali e si accendono le televisioni, non penso soltanto in Italia, ma in Italia sicuramente, gli spazi dedicati all’Europa sono assolutamente irrisori e di Europa si parla quando si vuole fare gossip, quando si vuole fare maldicenza rispetto all’Europa. È lo sport più comodo e più praticato, quando un Governo non ce la fa da solo per un problema, è trovare un responsabile diverso da se stesso e individuarlo nell’Europa.

C’è provincialismo nelle notizie che vengono date?

Assolutamente.

Anche tra i politici nazionali c’è provincialismo?

Ma come no! Bisogna dire che fino a un certo tempo fa la stessa elezione al Parlamento europeo era riservata dai partiti a chi si voleva pensionare. Oppure a chi si voleva togliere da torno rispetto all'agone nazionale. Allora dicevano: “Pittella è scomodo. Mandiamolo in Europa”. Un modo assolutamente provinciale, miope di intendere una sfera decisionale importante quale quella europea.

Le capita di vergognarsi all’interno del Parlamento europeo per colleghi connazionali, come Licia Ronzulli ad esempio?

No. Assolutamente no. Io ho grande rispetto di tutti i miei colleghi. Le vicende personali e private sono fatti loro. Nell’esercizio delle funzioni parlamentari, queste persone stanno facendo il loro mestiere con impegno. Che poi abbiano fatti privati opinabili sono problemi che non mi interessano. Io li giudico e li valuto in base all’esercizio delle loro funzioni.

Quindi questo dovrebbe valere anche per il Presidente del Consiglio?

Il Presidente del Consiglio svolge una funzione di guida di un Governo e di rappresentante di tutti i cittadini italiani e credo che non siano comparabili le cose che riguardano il modo di mettere insieme vita pubblica e vita privata di Berlusconi con altro. È incommensurabile ogni paragone ed è assolutamente esecrabile il fatto che in questo modo, con questi comportamenti che mischiano tra l’altro la vita privata alla vita pubblica, si riduce la credibilità dell’Italia in Europa e nel mondo.

Lei ha dichiarato in un’altra intervista che l’attività parlamentare europea non arriva ovunque. Non arriva ovunque l’informazione sull’Europa? Oppure si riferiva a fatti concreti come il blocco dei finanziamenti europei alla Calabria per questioni di inaffidabilità?

In generale c’è un deficit di conoscenza della legislazione europea, delle procedure, poi c’è in particolare un deficit di conoscenze e competenze sui Fondi strutturali. Non è un problema generalizzabile. È un problema specifico di alcune situazioni: quando si parla, per esempio di Fondi europei, non è che tutte le Regioni italiane non sanno spendere le risorse europee, vi sono regioni che le sanno spendere meglio e regioni che le sanno spendere meno bene.
Faccio un esempio, ma non sono solo io a dirlo. Anche il Commissario europeo per la Politica di coesione, Hahn, ha scritto, e poi è stato costretto a prendere una decisione di sospendere l’erogazione di alcune risorse a Calabria, Campania e a Sardegna. Non ha sospeso le risorse a Basilicata, Puglia, Sicilia, Lombardia ed altre regioni perché ha ravvisato nel ritmo di spesa delle tre regioni, Sardegna Calabria e Campania delle anomalie. Le anomalie riguardano il lentissimo ritmo di spesa dei Fondi strutturali.

Se non ci fosse stata l’Europa che ne sarebbe stata dell’Italia, della Spagna?

Certamente l'Europa è stata fondamentale per noi, però l'Europa così com'è oggi, è un cantiere ancora in costruzione. Noi non possiamo rimanere così. La stessa crisi che stiamo vivendo dimostra come l'euro, la moneta senza un governo dell'economia e senza un'unione fiscale non regga.
Noi siamo partiti dal tetto, dalla convinzione che facendo il tetto poi avremmo dovuto fare i pilastri e facendo i pilastri avremmo dovuto fare le fondamenta. Un processo inverso rispetto alla norma.
Noi dobbiamo tornare d’accapo e fare le fondamenta: le fondamenta sono l'unione politica. L’Europa deve essere un‘unione politica, un Governo economico e un’unione fiscale, altrimenti non riusciamo.

Come si fa a far riacquistare la fiducia nella politica ai cittadini?

Esempi, esempi. Esempi positivi.

Le persone sono gli esempi?

Le persone sono fondamentali. Se il cittadino capisce che ci sono persone che fanno la politica in maniera seria, onesta e disinteressata, si rendono conto che non è vero che tutti quanti sono dei ladri, dei faccendieri.
Dobbiamo cercare di affermare facendo belle cose. Sinceramente non mi stanco di fare e progettare nuove cose e soprattutto di tenere questo rapporto diretto con i cittadini.

Come politico farebbe autocritica su qualcosa?

I motivi di autocritica per un politico non devono mai mancare. Chissà quante cose ho sbagliato nella mia vita e sto sbagliando però l’importante è farlo in buona fede e soprattutto conservare l'autenticità degli stimoli.
Io faccio politica da tantissimi anni, da quando avevo i pantaloni corti. Ho sempre avuto una grande passione per la politica. Sono lauraeto in medicina e se volessimo fare un calcolo di convenzienza, se avessi fatto un calcolo di convenienza nella mia vita, avrei dovuto scegliere di fare il medico, però in me è sempre scattata una preferenza per la politica.
Io amo la politica e non chiedo alla politica di darmi. Ma chiedo a me di dare alla politica con una testimonianza di impegno, di credibilità, di coinvolgimento degli altri che credo possa essere anche di stimolo e di esempio per tanti altri che dicono “la politica è tutta una cosa brutta, la politica è tutta da buttare”. Io penso che ci sono persone, tantissime persone come me, che la politica la fanno in maniera onesta, appassionata e convinta.

Il suo futuro politico dove lo vede? In Europa o in Italia?

Sinceramente l’esperienza europea è stata quella che nel corso della mia vita politica mi ha dato di più e in cui ho dato di più. Se ci sono le condizioni per continuare a lavorare a livello europeo, portando anche uno specifico contributo italiano quale Paese fondatore dell’Unione Europea, io preferisco cntinuare l'attività nell'Unione Europea.
Soprattutto se s’imbocca la strada di un Rinascimento europeo, fondato sull’unione politica, sull’unione economica e sull’unione fiscale, sarà un cantiere bellissimo perché noi partiremo anche dalle macerie di questi giorni, purtroppo, per tentare di edificare una struttura che possa dare risposte.
Noi non possiamo essere né carne né pesce come attualmente siamo. Noi siamo un’area di semplice e libero scambio e non siamo una realtà di Stati Uniti d’Europa. Siamo a metà e non possiamo rimanere a metà. Allora, o decidiamo, e io sono contrario, di tornare ai vecchi stati tradizionali che si mettono insieme e fanno un’area di libero scambio, senza politica, senza governo di economía, senza unione fiscale ed è un errore, oppure decidiamo che andiamo verso gli Stati Uniti d’Europa e affrontiamo tutti insieme le sfide che la globalizzazione, le crisi delle correnti ma anche le opportunità ci possono consegnare. Viva l’Europa!

 

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