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In relazione alla domanda sul mio parere rispetto all'articolo, vorrei precisare che parlando di indennità di maternità, in linea generale le situazioni sono due e diverse. 

Se parliamo di  lavoratrice dipendente, la legge garantisce in ogni caso l'indennità di maternità, se invece abbiamo di fronte una libera profesisonista, il discorso è diverso.

Prendiamo il caso di un avvocato donna che abbia un contratto di consulenza con un privato/ente. Quando rimane incinta non può vantare alcun diritto da parte del cliente. Anzi, a stretto rigore, qualora smettesse di lavorare per comprensibili motivi, il cliente potrebbe rescindere il contratto.

Questo è il motivo per cui in tribunale potresti vedere dei bei pancioni in giro. Quello citato ora riguarda i rapporti con il cliente/datore di lavoro.

Per quello che riguarda l'INPS la situazione è diversa. Alcune categorie di lavoratrici autonome, come le commercianti e le coltivatrici dirette ad esempio, hanno diritto ad una indennità da parte dell'INPS durante l'astensione dal lavoro.


Non riguarda però il rapporto con il cliente/datore di lavoro. È in pratica (se posso semplificare) un'assicurazione che la lavoratrice sfrutta.

Nel caso in esame (che conosciamo sommariamente) siamo ad una situazione totalmente diversa.

In genere capita spesso che per eludere le normative sul lavoro ed il versamento dei contributi si inviti la lavoratrice ad aprire una partita IVA. Il suo lavoro viene considerato quindi come autonomo ma è una simulazione.

Nella realtà se esistono compiti precisi, orari, subordinazione, il lavoro reale è dipendente ed il lavoro autonomo è una simulazione. La lavoratrice in questione potrà quindi agire davanti il tribunale del lavoro perchè le venga riconosciuta la qualifica di dipendente, con tutti i relativi diritti.

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