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I buchi lavorativi nel curriculum possono essere parte di un percorso di crescita professionale. Se questa prospettiva ti sembra nuova, ti dirò anche di più: è possibile che negli anni a seguire possano essere ancora più frequenti nei curriculum, dal momento che alle tradizionali ragioni di una "pausa lavorativa", si vanno aggiungendo nuove motivazioni. Avere nel curriculum un periodo di inattività non significa automaticamente non aver fatto nulla in quel lasso di tempo. Questi periodi, se ben impiegati e spiegati in fase di selezione, possono essere un elemento caratterizzante del curriculum.

Buchi lavorativi sul curriculum: come presentarli?

Jirsak || Shutterstock

Cosa si intende con buco lavorativo del curriculum?

Un buco lavorativo è un periodo di inattività dal punto di vista lavorativo. Può riguardare un anno sabbatico, una pausa tra un lavoro e un altro, un periodo di disoccupazione, una ripresa degli studi. Ma non solo. Alcuni dati del Ministero del Lavoro in Italia indicano che, tra aprile e giugno 2021, si sono registrate quasi 500.000 dimissioni, con un aumento del 37% rispetto al trimestre precedente. Se si confronta con lo stesso trimestre del 2020, questo incremento è dell'85%. Questo significa che sempre più persone scelgono di rischiare periodi di inattività. Il fatto che si tratti di una scelta, rende ancora più attuale l'esigenza di riuscire a spiegare le proprie motivazioni.

Come giustificare un periodo di inattività nel curriculum vitae?

Sia che si tratti di una scelta personale o determinata dagli eventi, difficilmente un lungo periodo di inattività lavorativa ha come motivo quello di trovarsi di fronte una persona che non vuole fare nulla. Spesso questi periodi di disoccupazione sono dovuti alla chiusura di aziende, problemi di salute o di famiglia, cambiamenti di vita. A volte si preferisce lasciare il lavoro anche perché non è più soddisfacente e si va alla ricerca di condizioni migliori. Dunque, il modo migliore per giustificare un periodo di inattività è di essere onesti e spiegare le proprie motivazioni.




Dare una motivazione sensata ai selezionatori evita di considerare la disoccupazione come un qualcosa di negativo e basta. In realtà, essere stati professionalmente inattivi per un periodo, non significa non aver potuto spendere quel tempo in maniera fruttuosa! Magari un anno sabbatico è servito per mettere a fuoco le idee sul proprio futuro, oppure si è impiegato quel periodo per seguire dei corsi e migliorarsi o riqualificarsi per una posizione diversa (reskilling). O ancora, la decisione di lasciare un lavoro può nascere dalla consapevolezza di ciò che non va bene per sé. Quando è presente un periodo di inattività nel curriculum dare una spiegazione è sempre la scelta migliore, in quanto permette al selezionatore di capire meglio chi ha di fronte.

Alcuni consigli per esporre i buchi lavorativi nel curriculum

Quando i buchi lavorativi riguardano un periodo di tempo limitato e non vuoi proprio metterli in evidenza, puoi usare una strategia. Se il buco lavorativo riguarda un intervallo di tempo all'interno di uno stesso anno, puoi scegliere di indicare direttamente l'anno anziché i mesi precisi di attività. In questo modo andrai a "coprire" i periodi di inattività di quell'anno.

Nel caso di un periodo prolungato, invece, è sempre bene spiegare come si è impiegato quel tempo. Magari si è lavorato a un progetto personale, oppure si è andati all'estero per imparare una nuova lingua! Queste motivazioni, tutt'altro che negative, possono essere anticipate anche nella lettera di presentazione allegata al curriculum. A seguire verranno approfondite durante l'eventuale colloquio di selezione, per questo è sempre meglio prepararsi il discorso prima.

Saper spiegare di aver speso questo tempo "diversamente" e in maniera proficua non è motivo di vergogna. Tutt'altro! Proprio questo tempo può essere un elemento caratterizzante del tuo percorso, in grado di renderti interessante agli occhi del recruiter.

Autore: Giulia Tartaglione

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