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Giovani italiani

La situazione dei giovani italiani nel 2012 per quel che riguarda il mondo del lavoro e i tassi di disoccupazione, è ormai terreno di confronto politico e sociale quotidiano. È di pochi giorni fa la gaffe del ministro del lavoro Elsa Fornero che ha definito i giovani di oggi un "pò choosy", cioè schizzinosi nella ricerca del lavoro.

Dati disoccupazione giovanile

Per chiarire meglio il rapporto dei giovani con il mondo del lavoro, vogliamo fornire alcuni dati sulla disoccupazione giovanile del nostro Paese degli ultimi anni.

Eurostat, l'Ufficio Statistico dell'Unione Europea, ci informa che tra gli under 25 il tasso di disoccupazione in Europa è superiore al 23%,  il che vuol dire che circa 5,500 milioni di giovani sono disuccupati, 3 dei quali si concentrano nell'eurozona.
In Italia, al terzo posto della classifica dei paesi con più alto tasso di disoccupazione in Europa, seconda solo a Spagna e Grecia, i disoccupati sotto i 25 anni sono 2,8 milioni e, dato non meno preoccupante, il tempo medio in cui un giovane trova lavoro è di circa 3 anni.

I Neet giovani che non lavorano e non studiano

Forse a causa dei tempi lunghissimi per trovare un impiego, oltre al fatto che non sempre tale ricerca ha l'esito sperato, aumentano coloro che riempiono le fila dei cosiddetti Neet. Con questa parola, acronimo di Not in Education, Employment or Training, si identificano tutte quelle persone che non studiano, non lavorano e non svolgono attività di tirocinio. Nel 2010 questa tipologia di persone sfiorava già 2,3 milioni di unità, il 23,4% della popolazione. La cosa ancor più deprimente, è che le persone che più facilmente rientrano in questa categoria sono per di più disabili, immigrati, coloro che hanno un livello basso di istruzione, che provengono da famiglie a basso reddito e giovani del sud.Giovani e lavoro in italia
I Neet, bersaglio preferito dai politici italiani negli ultimi anni, sono in minima parte persone che hanno scelto di seguire uno stile di vita totalmente dipendente dai familiari e dai sussidi statali. Molti di loro sono stati licenziati o messi in cassa integrazione, altri non sono disponibili al lavoro, il che vuol dire che per necessità non possono lavorare perchè obbligati a restare a casa per dedicarsi alla famiglia in assenza di politiche sociali adeguate.



Il welfare italiano: la famiglia

C'è infatti da dire che nel nostro Paese l'unico welfare che sembra sussistere è la rete familiare, senza la quale molti giovani, e non solo, verserebbero in condizioni ben peggiori di queste. Una domanda sorge spontanea, cosa succedrà a questa generazione che resta a galla  grazie all'aiuto di genitori e dei familiari adulti, quando saranno loro a dover far fronte alle necessità dei propri figli?

I giovani nel mondo del lavoro

Tornando alla recente affermazione del ministro Fornero, i dati sembrano smentire la sua affermazione. Infatti circa il 71% dei giovani italiani sotto i 35 anni è disposto ad accettare un lavoro di qualsiasi tipo seppur retribuito. Il 25% dei laureati accetta occupazioni di bassa o nessuna qualifica pur di lavorare ed il 30% dei giovani svolge un lavoro diverso da quello per cui ha studiato. Inoltre più del 5o% dei laureati, dopo aver terminato il corso di studi svolge tirocini non retributi, pur di avere una formazione professionale e non entrare troppo presto nell'esercito dei Neet, a cui si vedono tristemente destinati. Infatti solo il 12% di loro viene contrattato dopo lo stage. Tuttavia c'è chi è riuscito ad ironizzare su questo tema dando vita ad un progetto molto originale, interamente diffuso attraverso il social network più utilizzato in Italia, facebook. Due giovani italiani hanno creato la prima sit-com su facebook sul precariato giovanile, si chiama job/sick e si propone di far riflettere sulla condizione dei giovani italiani nel mondo del lavoro attraverso l'ironia.
Questo quadro, a dir poco sconfortante, non parla di tutti coloro che fortunatamente hanno un'occupazione, anche se spesso i loro contratti non garantiscono alcuna certezza riguardo al proprio futuro professionale.
Prima la legge Treu del 1997 e poi la legge Biagi del 2003  hanno contribuito a modificare negli ultimi anni le regole con le quali bisogna confrontarsi quando si entra nel mondo del lavoro. Se da un lato si è promossa una maggiore mobilità e flessibilità nei rapporti professionali,  dall'altro sono diminuite le certezze del lavoratore medio che spesso vive nella speranza di rinnovi annuali del proprio contratto.
Fonte: "Panta rei" blog di Gaspare Serra
http://gaspareserra.blogspot.com.es/
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