-- pubblicità --

Articolo 18 (2)L'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, ovvero il cardine di tutto il diritto del lavoro, contenuto nella legge n.300 del 20 Maggio 1970, è da sempre ritenuto il baluardo della strenua difesa dei lavoratori contro i licenziamenti indiscriminati. È quindi costantemente al centro dei confronti fra sindacati e associazioni imprenditoriali, soprattutto ultimamente con l'avvento della crisi e della riforma generale del lavoro promossa dall'ex Ministro del Lavoro Elsa Fornero.

Se ne sono dette di tutti i colori riguardo questo specifico articolo, quindi per fare un po di chiarezza e capire cosa cambia con la Riforma Fornero del Luglio 2012, risolveremo di seguito i dubbi più comuni circa il testo e il significato dell'art. 18.

Cos'è l'articolo 18?

L'articolo 18 disciplina il caso del licenziamento illegittimo o nullo di un singolo lavoratore dipendente assunto presso un'azienda che rientra in una delle seguenti categorie:

  • Unità produttive che contano almeno 15 dipendenti o almeno 5 nel caso di imprese agricole
  • Unità produttive con diverse sedi ma che in uno stesso comune contano almeno 15 dipendenti o almeno 5 nel caso di imprese agricole
  • Qualsiasi unità produttiva con almeno 60 dipendenti

Nel conteggio dei lavoratori dipendenti sono inclusi tutti gli occupati con qualsiasi tipo di contratto, compresi i contratti di formazione. Questo particolare articolo implementa la tutela reale del lavoratore, predisponendo per il datore di lavoro l'obbligo del reintegro del dipendente qualora il giudice ritenga il licenziamento illegittimo o nullo. Più precisamente, se i presupposti del licenziamento non sono fondati, il datore deve risarcire il dipendente con le mensilità a partire dal giorno del licenziamento a quello del reintegro e in ogni caso l'ammontare non può essere inferiore alle 5 buste paga. Inoltre il lavoratore ha la facoltà di chiedere l'annullamento del reintegro dietro il pagamento di una somma pari a 15 mensilità.

Qual è la differenza fra reintegro e riassunzione?

Il reintegro si differenzia dall'assunzione poiché presuppone che il contratto di lavoro non sia mai cessato, quindi il lavoratore torna alla posizione e alle mansioni che svolgeva prima del licenziamento. Inoltre, non essendo mai venuto meno il contratto, il datore di lavoro era comunque legato ai doveri in esso contenuti, da qui l'obbligo del risarcimento e del reintegro.

Cos'è la "tutela reale" del lavoratore?

La tutela reale del lavoratore si differenzia dalla "tutela obbligatoria" in quanto disciplina la tutela degli esiti di licenziamenti illegittimi o nulli in aziende nelle quali lavorano più di 15 dipendenti. In secondo luogo secondo la tutela reale è il lavoratore che decide se chiedere, al posto del reintegro, il pagamento di un'indennità pari a 15 mensilità; nella tutela obbligatoria è il datore di lavoro che sceglie quale opzione adottare. Infine l'ammontare del risarcimento della tutela reale è superiore rispetto a quello dell'obbligatoria.


Argomentazioni contro la tutela reale

Le principali critiche mosse contro la tutela reale, di conseguenza in parte anche all'articolo 18, vertono sulla dimensione della realtà industriale italiana. Il fatto è che in Italia, solo il 10% delle aziende conta almeno 15 dipendenti e tuttavia coprono il 70% della forza lavoro, vale a dire che 7 occupati su 10 lavorano in un'impresa con meno di 15 altri lavoratori dipendenti. Si ha quindi un duplice risultato: da una parte, pochi lavoratori possono usufruire della tutela reale e dall'altra le aziende sono spinte a mantenerso sotto la soglia dei 15 dipendenti per sfuggire a questa garanzia sui licenziamenti e poter agire senza paura di costi e ripercussioni giudiziarie.

Argomentazioni a supporto della tutela reale

In difesa del regime di controllo sui licenziamenti, le tesi sono due. In primo luogo una totale, o quasi, libertà del datore di lavoro di interrompere il contratto con un dipendente mina le fondamenta del diritto del lavoro, ostacolando concretamente qualsiasi altra applicazione delle tutele dei dipendenti. Il regime di licenziamento indiscriminato, inoltre, si pone in conflitto con la libertà di opinione ed azione, principio fondamentale non solo del singolo lavoratore ma anche dell'organizzazione sindacale che si troverebbero così ad essere forzati ad adeguarsi incondizionatamente alle politiche della proprietà.

La soluzione, per affrontare anche questi anni di crisi, si potrebbe trovare nella mediazione fra la pretesa della libertà di licenziamento delle aziende e una maggiore flessibilità da parte dei lavoratori in termini di orari e sedi di lavoro. Ovviamente però non è così facile come sembra e l'acceso dibattito che continua riguardo questo articolo e cioè che rappresenta, ne è una prova lampante.

Quando un licenziamento è considerato illegittimo?

Un licenziamento è considerato illegittimo e quindi giudicato "nullo" dal giudice in questione quando è stato attuato in una delle seguenti circostanze:

  • Nei confronti di una donna in gravidanza o durante il primo anno di età del bambino
  • Nei confronti di un neopapà mentre usufruisce del congedo di paternità
  • Nei confronti di una donna durante il congedo matrimoniale
  • In conseguenza all'adesione di un'organizzazione sindacale, di partecipazione ad uno sciopero o manifestazione autorizzata
  • In un qualsiasi caso di rappresaglia
  • Nel caso di licenziamento dissimulato con dimissioni coartate
  • Questa pagina ti è stata utile?
  • No